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CLIMA ADATTO

 

 

Fra le piante arboree l’Olea europaea si distingue per la sua longevità e la frugalità. L’olivo è una specie tipicamente termofila ed eliofila, con spiccati caratteri di xerofilia. Per contro è sensibile alle basse temperature. In Italia l’areale di vegetazione della sottospecie spontanea, l’olivastro, è la sottozona calda del Lauretum.

L’olivo è pianta propria dei climi temperati e particolarmente tipica dei territori prospicienti il bacino del Mediterraneo, che per effetto dell’azione moderatrice del mare ha un clima mite d’inverno e non troppo caldo d’estate, con piccole escursioni delle temperature giornaliere e annuali.

L’area di coltura dell’olivo è infatti compresa all’incirca tra il 30° ed il 45° parallelo di latitudine Nord. In Italia il suo limite settentrionale come lungo l’Appennino ligure e la prima parte dell’Appennino toscano che poi taglia verso nord-est per attraversare, seguendo il Santerno e il Senio, la pianura Romagnola, dirigendosi quindi attraverso il golfo di Trieste e pie­gando verso est così da comprendere tutta la penisola istriana.

Più a nord di tale linea vi sono nella valle padana alcune oasi di coltura dell’olivo intorno ai laghi e sui colli veronesi, vicentini ed Euganei poiché l’azione mitigatrice delle grandi masse d’acqua e dell’esposizione favorevole rende il clima più dolce e adatto alle esigenze della pianta.

 

Il territorio peninsulare ed insulare dell’Italia resta compreso nella zona dell’olivo. Naturalmente vi sono dei limiti altimetrici alla coltura, limiti che variano con la latitudine, l’esposizione, la giacitura dei luoghi. Nelle regioni più settentrionali e in vicinanza delle coste la coltura dell’olivo dal livello del mare giunge fino ai 600-700 m sul versante Tirrenico ed ai 400-500 m sul versante Adriatico, ma trova le condizioni più adatte sotto i 250-300 m; nelle zone interne e localizzata nella fascia collinare posta circa tra i 50-100 cd i 400-500 metri d’altitudine essendo le pianure troppo umide e fredde.

Nell’Italia meridionale il limite più elevato della coltura è in media quello di 600-700 m, sempre con esclusione dei fondovalle nelle zone interne. In Sicilia l’olivo è comune, in molte pendici non lontane dal mare, a 700-800 m e tocca la quota massima sul versante meridionale dell’Etna dove vegeta a 970 m.

L’olivo ha esigenze climatiche così caratteristiche e definite che da vari agronomi è stato scelto come pianta tipicamente rappresentativa dell’am­biente agrario dove vive. Il clima, infatti, ha un’azione che prevale su quella di tutti gli altri fattori, di nutrizione, colturali, ecc. nello stabilire i limiti della coltura.

 

L’olivo vegeta senza subire danni per i freddi invernali se la temperatura non scende oltre i 4-6 °C sotto zero e vive soltanto nei terreni meglio esposti o protetti da ripari naturali laddove la temperatura scende a 8-9 °C sotto zero: ma quivi subisce danni saltuari, anche se non molto frequenti, per i geli che colpiscono i rami e pure il tronco e il ciocco.

Naturalmente la durata delle basse temperature, l’entità degli sbalzi, le condizioni di umidità, quelle colturali, la varietà contribuiscono a rendere la pianta più sensibile o più resistente al fenomeno avverso.

La neve può recare danni, se abbondante, schiantando rami, defogliando la chioma, congelando il raccolto ancora pendente; se scarsa e con tempera­tura molto bassa essa congela sulla pianta rivestendola di uno strato di ghiaccio (calaverna), che può produrre la morte dei rami e delle branche.

L’olivo è poi molto sensibile alle gelate o brinate tardive, che possono falcidiare la produzione ed avere effetti non soltanto limitati alla vegetazione e al raccolto pendente, ma che si ripercuotono anche negli anni successivi, come avviene, del resto, nel caso delle più gravi gelate invernali.

Natural­mente la meteore dannose sono tanto più temibili quanto più è avanzata la stagione.

 

Secondo Azzi, sono di norma necessarie ai fini dei buon rendimento dell’olivo temperature di oltre 10 °C dalla mignolatura alla fioritura, di oltre 15° C dall’inizio della fioritura all’allegagione, di oltre 20 dall’allegagione al­l’invaiatura, di oltre 15 dall’invaiatura alla maturazione completa, di oltre 5 dalla maturazione alla fine del raccolto e di oltre 5° C dalla fine del raccolto alla mignolatura.

Però le temperature ora indicate vanno intese in senso relativo: può darsi, cioè, che effetti nocivi si abbiano anche con valori più alti se contemporaneamente si verificano altre cause sfavorevoli (cattiva esposizione, varietà poco resistente, ecc.) e viceversa nel caso opposto.

Le temperature molto alte, invece, non recano danno se il terreno ha una sufficiente riserva d’acqua, eventualmente formata con l’irrigazione.

Riguardo alle esigenze idriche l’olivo, per le sue caratteristiche morfolo­giche ed anatomiche, può essere considerato come adatto a vivere in condi­zioni di siccità d’aria e di suolo.

L’apparato radicale, che negli ambienti amidi assume una grande espansione, utilizza le riserve d’acqua disponibili esplorando un maggior volume di terreno; d’altra parte, la ricordata abbondanza di peli sulla lamina fogliare concorre a limitare le perdite d’acqua per tra­spirazione. Un efficace contributo all’economia dell’acqua nel terreno recano, poi, le pratiche colturali ed in particolare i lavori ripetuti e tempestivi, l’abolizione di ogni consociazione o la scelta di quelle più adatte.

Tuttavia la siccità persistente, quando scarseggiano le riserve d’acqua nel terreno, è sfavorevole all’olivo, in special modo durante lo sviluppo delle drupe. Le piogge estive riescono pertanto assai utili; però nelle zone dove la coltura è attaccata dalla mosca esse possono recare un danno indiretto maggiore poiché favoriscono la moltiplicazione del parassita.

L’olivo mal sopporta l’eccesso di acqua, specialmente nel corso del pe­riodo autunno-vernino, durante il quale la pianta continua, seppure con ritmo ridotto, nella sua attività vegetativa.

La difesa da tale condizione sfa­vorevole è soprattutto preventiva e consiste nella scelta opportuna dei ter­reni da destinare alla coltura e nell’adeguata fognatura, se il suolo non dà affidamento di un rapido e sufficiente sgrondo dell’acqua.

Il clima influisce non soltanto sulla quantità del prodotto ma anche sulla qualità, vale a dire sopra la percentuale di olio contenuto nelle drupe e sulla composizione dell’olio stesso.

Di norma, nelle regioni meridionali si ot­tengono oli più ricchi di gliceridi solidi che negli ambienti meno caldi delle regioni centrali o settentrionali. Anche gli altri fattori climatici (altitudine, esposizione), quelli colturali, e, come è naturale, la varietà influiscono sui caratteri dell’olio.

Il differente decorso meteorico determina, poi, da un anno all’altro, una resa in olio non costante in uno stesso ambiente e in una me­desima varietà. Ad esempio, al Campo sperimentale dell’Istituto di Agrono­mia di Perugia tra il 1925 ed il 1947 si sono ottenute le seguenti rese massime e minime alla molitura:

 

                                23,8 %   nel   1945                             15,3 %    nel   1940

                                22,4  “     “      1931                            16,9  “      “     1939

                                22,1  â€œ      “     1947                            16,3  â€œ       “    1926

 

Per riassumere si può dire che l’olivo e adatto ai climi temperato-caldi, preferibilmente marittimi, dove i minimi giungono a pochi gradi sotto lo zero, gli sbalzi di temperatura sono limitati e dove non si hanno né freddo ­umido né siccità prolungate.

L’olivastro, detto anche oleastro, è una delle specie più rappresentative della macchia termoxerofila (Oleo-ceratonion) e (Oleo-lentiscetum), mentre diventa più sporadico nella macchia mediterranea del Quercion ilicis. Per i caratteri di frugalità ed eliofilia si rinviene frequentemente anche nelle macchie degradate, nelle garighe e nella vegetazione rupestre lungo le coste. Resiste bene al pascolamento in quanto tende ad assumere un portamento cespuglioso a pulvino con ramificazione fitta e spinescente.

Resiste bene anche agli incendi per la notevole capacità di ricacciare vigorosi polloni dalla ceppaia.

Le esigenze climatiche sono notevoli. Essendo una pianta eliofila soffre l’ombreggiamento, producendo una vegetazione lassa e, soprattutto, una scarsa fioritura. Il fattore climatico determinante sulla distribuzione dell’olivo è la temperatura: la pianta manifesta sintomi di sofferenza a temperature di 3–4 Â°C. Sotto queste temperature gli apici dei germogli disseccano. In generale la sensibilità al freddo aumenta passando dalla ceppaia al fusto, ai rami, ai germogli, alle foglie, agli apici vegetativi e, infine ai fiori e ai frutticini.

Le gelate possono danneggiare il legno già a temperature di −7 Â°C. Le forti gelate possono provocare la morte di tutto l’apparato aereo con sopravvivenza della sola ceppaia.

Per quanto riguarda gli altri fattori climatici sono dannosi il forte vento, specie se associato a basse temperature, l’eccessiva piovosità e l’elevata umidità dell’aria.

 

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