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I FENICI

 

 

 

 

“Fenici” è il nome dato dai Greci a una popolazione semitica proveniente come le altre tribù semitiche, dal deserto arabo.

I Fenici – dai confinanti del nord chiamati Cananei e Canaan la loro terra32 – abitavano una regione a nord della Palestina, che faceva parte dell’antica Siria; era questa ma stri­scia di terra, poco fertile, avente, da una parte, il mare, che vi penetrava formando delle insenature adatte aghi approdi, e, dall’altra parte, i monti del Libano, folti di alti cedri, ot­timi per la costruzione di navi.

La natura della terra parve segnare il destino dei Fenici che era sul mare.

Già dal secondo millennio a.C., scorrazzavano – abili trafficanti marittimi com’erano, all’altezza dei famosi Cretesi e Micenei – su tutto il Mediterraneo, mentre nelle loro cele­bri città, come Tiro, Biblo, Sidone, valenti artigiani fabbricavano preziose mercanzie da esportare: artistici vasellami d’oro e d’argento, lane e lini tinti di porpora, gioielli, profu­mi ed unguenti.

Queste merci erano molto ricercate anche dagli Ebrei che, in cambio, davano loro pro­dotti alimentari tra cui il vino e l’olio d’oliva; ne parla la Bibbia (v.p.157).

Anche Omero parla dei Fenici, dalle nere navi, in parecchi passi; ad es. nell’Odissea:

 

Un Fenice arrivò, mastro di frodi…

Dalla Fenicia…

un dì sopraggiunse un‘operosa

gente, nell‘arte nautica maestra,

che mille seco industri bagatelle

su la nave recò.

 

Con le loro agili navi, seguendo di notte la costellazione dell’Orsa Minore, si spinsero al di là delle Colonne d’Ercole nel gran fiume Oceano fino alla Britannia, molto tempo prima del viaggio, e del relativo racconto sulla Britannia, di Pitea, marinaio greco detto il massaliota, vissuto nella prima metà del IV sec. a.C..

Inoltre, al servizio del faraone Necho, essi circumnavigarono l’Africa, allora più co­nosciuta come Libia, partendo dal mare Eritreo. Ogni autunno “approdavano, in qualun­que punto della Libia fossero giunti, seminavano e aspettavano il tempo della mietitura. Dopo aver raccolto il grano, ripartivano cosicché al terzo anno, dopo due trascorsi in viaggio, doppiarono le Colonne d’Eracle e giunsero in Egitto”.33

Le influenze ittite ed egizie furono determinanti nella politica dei Fenici: così risulta daghi archivi diplomatici di Uganit, recentemente scoperti. Le loro città erano fornite d’ac­qua potabile, di fognature, di scuole, di templi, di luoghi d’ ante, di palestre, frequentate da filosofi ma anche da maghi e da ciarlatani.

Essi credevano in un politeismo naturistico: in Baal “dio della tempesta e della vege­tazione”, in Astarte, sposa di Baal “dea della fecondità”, e in altri dèi. Nei templi si prati­cava la prostituzione sacra.

 

Su tutti gli dèi sovrastava il re, il dio per antonomasia: El.

In un sogno del dio El benigno e misericordioso

in una visione del creatore delle creature,

dai cieli piove l’olio, nei fiumi scorre il miele.

Il dio El, benigno e misericordioso, è contento. 

Sais era il nome dell’ulivo presso di loro.35

 

 

NOTE

 

32.Barnett, Epopea dell’Uomo, Milano, 1957, X, p.12.

33.Erodoto, IV 42.

34.B. Pritchard, Ancient Near Eastern Texts, Princeton, 1950, p. 140.

35.Pluche, Histoire du Ciel, Amsterdam, 1759, 1114, p. 185.

 

 

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