
PROPAGAZIONE DELL’ULIVO
Propagazione dell’olivo
L’olivo può essere propagato:
-
SESSUALMENTE
per seme e successivo innesto;
-
AGAMICAMENTE
per talea di ramo, di radice o di tronco;
per ovulo o puppola;
per polloni pedali o radicali.
PROPAGAZIONE SESSUALE. – La propagazione sessuale s’inizia con la scelta dei Semi (noccioli), raccolti da olivastri e, di preferenza, da piante coltivate, vigorose, bene adattate all’ambiente dove vivono e che danno noccioli con una buona percentuale di germinabilità.
I noccioli vengono estratti da olive mature che si spolpano a mano oppure a mezzo di snocciolatrici o di frantoi a macelli secondo l’opportunità; i noccioli si lavano con liscivia di cenere o soluzioni di soda per pulirli dai residui oleosi ed infine si pongono ad asciugare. Così preparati conservano un buon potere germinativo per un triennio se tenuti in ceste e sacchi riposti in luogo asciutto.
Per facilitare o stimolare la germinazione i noccioli possono essere sottoposti a trattamenti che ne favoriscono l’imbibizione, come la spuntatura di una delle estremità o l’incrinatura od anche il bagno in soluzioni di acido solforico oppure in semplice acqua bollente per qualche minuto. In ogni caso deve essere posta ogni cura per evitare che restino menomate l’integrità e la capacità germinativa dell’embrione.
Dato che per la germinazione dei semi sono necessarie temperature comprese tra i 14 ed i 20 °C, l’epoca di semina varia secondo la località e la prontezza delle nascite, cioè secondo che i noccioli siano stati trattati oppure no, e secondo il tipo di semenzaio: di solito si semina nell’estate.
La semina viene fatta in semenzaio in piena terra nelle regioni calde oppure in letto freddo preparato entro cassoni o presso ripari speciali come si usa nelle zone più miti della Toscana. Ma se il clima dell’inverno è rigido occorre il letto semi-caldo. E’ necessario sottoporre il terreno dei letti a disinfezione nei forni da pane oppure con appositi prodotti anti-parassitari.
Occorrono 10-15 kg di noccioli per mq perché la percentuale di semi germinabili è normalmente bassa e le nascite si distribuiscono in un lungo periodo di tempo, cosicché le piantine utilizzabili per il trapianto nella primavera successiva sono poche.
I noccioli vengono ricoperti con 3-4 cm di sabbia debbiata, che si spiana e si annaffia. In seguito è necessario prodigare ripetute e diligenti cure al semenzaio per proteggere le piantine dalla siccità, dall’intensa insolazione diurna, dalle male erbe e, durante l’inverno o la notte, dalle basse temperature: quindi occorre annaffiare spesso, scerbare, coprire con schermi (tele, stuoie, vetrate) i letti di semina.
Le nascite incominciano nella tarda estate e, se sono numerose, può esserci bisogno di qualche diradamento.
All’inizio della primavera successiva gli olivini sono pronti per il trapianto in nestaiola.
Per il trapianto si scelgono le piantine con 4-6 foglie, che hanno un’altezza di 3-4 cm, e si sradicano conservando quanta più terra è possibile intorno al capillizio radicale. Ciò è facile, se il terreno del semenzaio è di giusto impasto, ne troppo sciolto né compatto, e se l’operazione di sradicamento viene fatta aprendo una fossetta all’estremità del semenzaio e sgrottando la terra man mano che procede l’estirpazione. Nella nestaiola, che deve essere stata preparata con un lavoro profondo ed una lauta concimazione organica e chimica, gli olivini vengono posti in aiuole larghe un metro separate da solchetti che assicurano lo sgrondo dell’acqua.
Si trapianta aprendo col cavicchio fori intervallati di 12 cm ed introducendovi poi le radici fino al colletto.
Alla nestaiola, oltre a cure analoghe a quelle del semenzaio, si praticano concimazioni azotate con soluzioni acquose di nitrato di calcio (all’1-2 %o), con pozzonero ed anche ripetute irrorazioni con poltiglia bordolese per difendere le piantine dall’occhio di pavone.
Nei casi più favorevoli gli olivini dopo un anno sono pronti per l’innesto; non di rado, però, debbono trascorrere due anni. In primavera, si tagliano le piantine ad alcuni centimetri sopra il livello del terreno e s’innestano a corona usando una marza (e penna a). Si ricorre anche ad altri tipi d’innesto: tra i più comunemente applicati sono quelli a scudetto e a pezza. Eseguito l’innesto, occorre prodigargli tutte le cure già ricordate nella parte generale e ripetere quei lavori di cui sopra s’è fatto cenno.
All’inizio della seguente primavera, cioè dopo un anno, le piantine innestate che abbiano avuto le debite cure raggiungono ormai un’altezza di qualche decina di centimetri ed anche di un metro e sono pronte per il trasferimento nel piantonaio. Quivi vengono trapiantate a 30-40 cm l’una dall’altra, in file distanti tra di loro 80-90 cm. Si pongono, poi, dei tutori legati, per ottenere una maggiore stabilità, ad un filo di ferro.
Nel piantonaio l’olivo viene reciso a circa 1,50-1,70 m per favorire l’emissione di germogli laterali che formeranno le future branche dell’impalcatura. Sempre a questo scopo vengono diradati e cimati o piegati tutti i germogli inferiori.
Se necessario, si provvederà a riparare i piantoni dalle temperature troppo basse. Durante la permanenza in piantonaio occorrono lavorazioni ripetute al terreno, concimazioni e tutte le pratiche utili per garantire uno sviluppo regolare. Gli olivi dopo due-quattro anni sono pronti per il trapianto a dimora.
Il tempo necessario per ottenere olivi innestati, o “piantoni”, raggiunge, dunque, i cinque anni ed oltre così ripartiti:
in semenzaio anni 1
in nestaiola a 2
in piantonaio a 2
Totale . . – anni 5
PROPAGAZIONE PER VIA ESCLUSIVAMENTE AGAMICA. – Può essere fatta, come si è ricordato, per talea, per ovulo, per pollone pedale o radicale.
La talea di olivo si ricava dai rami, dalle branche e dalle radici di piante che diano buona e costante produzione. Generalmente s’adoperano rami di qualche anno d’età e del diametro di 2-3 cm che si tagliano in pezzi di 25-50 cm. In alcune zone vengono usati i rami vecchi che raggiungono anche il diametro di 7-8 cm e la lunghezza di 2 metri.
Per preparare le talee si eliminano tutti i rametti laterali e si pratica un taglio netto, piano o di sbièco, alle estremità; quindi se non si piantano subito nel barbatellaio si stratificano in sabbia in un luogo asciutto.
All’inizio della primavera le talee vengono collocate nel barbatellaio a distanza di 70-80 cm disponendole di preferenza orrizzontalmente se il terreno è fresco o irriguo.
Le cure successive sono quelle ricordate per il piantonaio.
Se il materiale per ottenere le talee proviene da olivi non gentili bisogna procedere all’innesto.


Innesto a penna degli olivini:
1) marza,
2) soggetto sul quale si è fatta l’incisione verticale della corteccia,
3) legatura con rafia dopo l’applicazione della “penna”,
4) protezione con mastice delle parti tagliate.
In alcuni luoghi dell’Italia meridionale si usano per talee parti di branche o di rami molto grossi che s’interrano all’inizio od alla fine dell’inverno direttamente a dimora ponendole verticali alla profondità di 40-50 cm e lasciandone uscire l’estremità superiore per qualche centimetro dal terreno.
Il sistema è in uso nelle regioni aride, dove l’attecchimento degli olivi trapiantati è incerto.
Più di rado servono da talee dei dischi o parti di tronchi sani e anche pezzi di grosse radici.
E’ superfluo precisare che il materiale necessario per gli ultimi due modi di propagazione si ottiene soltanto da olivi in corso di abbattimento.
Per ottenere dalle talee ordinarie piantoni idonei al trapianto a dimora occorrono 6-9 anni.
In epoche recenti è stata messa a punto una tecnica che consente, mediante la nebulizzazione, di far radicare le talee di un anno.
Gli ovuli vengono ricavati dalle numerose iperplasie del ciocco e delle grosse radici delle piante adulte, avendo cura di operare i tagli in modo da produrre la ferita più piccola possibile e lasciare una superficie ben netta che è opportuno disinfettare.
Se sono grossi, gli ovuli si dividono in pezzi del peso di circa 400 gr quindi, tolto il legno superfluo, si pongono per I’inverno, come le talee, stratificati sotto la sabbia in un ambiente oscuro e fresco.
Nel marzo-aprile gli ovuli passano nell’ovulaio, preparato come il piantonaio: quivi, interrati alla distanza di 50-60 x 20-30 cm e ricoperti di 6-7 cm di terra, iniziano il germogliamento dopo un paio di mesi.
Se gli ovuli si pongono subito a dimora debbono avere peso assai maggiore di quello sopra indicato per meglio resistere all’ambiente meno favorevole che vi è in pieno campo rispetto al vivaio.
Del getti che spuntano dagli ovuli si eliminano in un primo tempo i peggiori, lasciandone soltanto un paio, ed in seguito se ne alleva uno solo.
Le cure colturali non differiscono da quelle ricordate per il piantonaio: al secondo anno il piantoncino, affidato ad un tutore, si taglia all’altezza della futura imbrancatura; al terzo anno si procede ad un trapianto a dimora se le condizioni di ambiente e le cure sono state favorevoli allo sviluppo della nuova pianta.

Ciocco di olivo selvatico già innestato per la produzione di una “mazzaredda”.
Notare il taglio del fusto e delle radici.
“Mazzaredda” di un anno.
La piantina ottenuta da ovulo non ha bisogno di essere innestata quando la pianta madre a sua volta proviene da moltiplicazione agamica; altrimenti se l’ovulo è tolto dal piede selvatico di un olivo innestato occorre procedere all’innesto. L’asportazione degli ovuli danneggia le piante per le gravi ferite che si producono, perciò questo sistema ha una possibilità limitata d’impiego, a meno che non siano utilizzabili piante da abbattere.
Dagli ovuli si possono separare i diversi getti, trapiantandoli per ottenere più piantine.
In certe zone aride meridionali gli ovuli si piantano anche direttamente a dimora a 12-15 cm di profondità.
Un altro sistema di moltiplicazione dell’olivo, quello per pollone, viene usato sempre meno ed è infatti poco consigliabile. I polloni che spuntano dagli ovuli al piede della pianta madre (polloni pedali) e quelli che sorgono dalle radici (polloni radicali) si staccano dalla pianta madre allorché hanno raggiunto uno sviluppo conveniente, cioè sono provvisti di radici e di una massa ovulare: allora si trapiantano in piantonaio oppure anche a dimora se abbastanza robusti e dell’età di 2 o 3 anni. I polloni si possono ottenere numerosi dagli olivi vecchi o da quelli colpiti dalle gelate.
L’utilizzazione degli oleastri e degli olivastri spontanei per formare nuovi oliveti è pratica seguita in varie località dell’Italia meridionale. Servono allo scopo:
1) le piantine giovani che si pongono nel nestaio e s’innestano come se derivassero da seme;
2) le piante di 5-10 anni che si estirpano, si riducono opportunamente nel fusto e nelle radici principali, poi s’innestano a pezza e si pongono per la forzatura in buche riempite con terra facilmente riscaldabile. Appigliato l’innesto le mazzaredde o tèrmeti si passano in piantonaio. E’ questo un sistema che ha trovato utile applicazione in Puglia per soddisfare le forti richieste di olivini adatti all’impianto dei nuovi oliveti che si fanno nelle zone di riforma agraria;
3) le piante di una ventina d’anni ed oltre che si innestano sul posto e, una volta attecchito l’innesto e formata una nuova chioma (cioè dopo 2-3 anni), si estirpano e si trapiantano a dimora dopo avere abbondantemente ridotto la parte aerea e le radici (cormoni);
4) le piante adulte che si innestano lasciandole in posto cosicché l’olivastreto viene trasformato in oliveto.