
FIABE ITALIANE
FIABE ITALIANE — la raccolta iniziò nel XIX sec. –
LA FINTA NONNA
Versione popolare italiana di Cappuccetto Rosso.
Una mamma doveva setacciare la farina. Mandò la sua bambina dalla nonna, perché le prestasse il setaccio. La bambina preparò in panierino con la merenda: ciambelle e pan coll’olio; e si mise in strada.
Arrivò al fiume Giordano.
– Fiume Giordano, mi fai passare?
– Sì, se mi dà i le tue ciambelle.
Il fiume Giordano era ghiotto di ciambelle che si divertiva a far girare nei suoi mubinelli.
La bambina buttò le ciambelle nel fiume, e il fiume abbassò le acque e la fece passare.
La bambina arrivò alla Porta Rastrello.
– Porta Rastrello, mi fai passare?
– Si, se mi dà i il tuo pan coll’olio.
La Porta Rastrello era ghiotta di pan coll’olio perché aveva i cardini arÂrugginiti e il pan coll’olio glieli ungeva.
La bambina diede il pan coll’olio alla porta e la porta si aperse e la basciò passare.
Arnivò alla casa della nonna, ma l’uscio era chiuso.
– Nonna, nonna, vienimi ad aprire.
– Sono a letto malata. Entra dalla finestra.
– Non ci arrivo.
– Entra dalla gattaiola.
– Non ci passo.
– Allora aspetta -. Calò una fune e la tirò su dalla finestra. La stanza era buia. A letto c’era I’Orca, non la nonna, perché la nonna se l’era mangiata l’Orca, tutta intera dalla testa ai piedi, tranne i denti che Ii aveva messi a cuocere in un pentolino, e le orecchie che le aveva messe a friggere in una padella.
– Nonna, Ia mamma vuole il setaccio.
– Ora è tardi. Te lo darò domani. Vieni a letto.
– Nonna ho fame, prima voglio cenare.
– Mangia i fagioletti che cuociono nel pentolino.
Nel pentolino c’erano i denti. La bambina rimestò col cucchiaio e disse: – Nonna, sono troppo duri.
– Allora mangia le frittelle che sono nella padella.
Nella padella c’erano le orecchie. La bambina le toccò con la forchetta e disse: – Nonna, non sono croccanti.
– Allora vieni a letto. Mangerai domani.
La bambina entrò in letto, vicino alla nonna. Le toccò una mano e disse:
– Perché hai le mani così pelose, nonna?
– Per i troppi anelli che portavo alle dita.
Le toccò il petto. – Perché hai il petto così peloso, nonna?
– Per le troppe collane che portavo al collo.
Le toccò i flanchi. — Perché hai i flanchi così pelosi, nonna?
– Perché portavo il busto troppo stretto.
Le toccò Ia coda e pensò che, pelosa o non pelosa, la nonna di coda non ne aveva mai avuta. Quella doveva essere l’Orca, non la nonna. Allora disse:
– Nonna, non posso addormentarmi se prima non vado a fare un bisognino.
La nonna disse: – Va’ a farlo nella stalla, ti calo io per la botola e poi ti tiro su.
Là legò con la fune, e la calò nella stalla. La bambina appena fu giù si slegò, e alla fune legò una capra.
– Hai finito? – disse la nonna.
– Aspetta un momentino -. Finì di legare la capra. – Ecco, ho finito, tiraÂmi su. –
L’Orca tira, tira, e la bambina si mette a gridare: – Orca pelosa! Orca peÂlosa! – Apre la stalla e scappa via. L’Orca tira e viene su la capra. Salta dal letto e corre dietro alla bambina.
Alla Porta Rastrello, l’Orca gridò da lontano: – Porta Rastrello, non farla passare!
Ma la porta Rastrello disse: – Si, che la faccio passare, perché m’ha dato il pan coll’olio.
Al fiume Giordano l’Orca gridò: – Fiume Giordano, non farla passare!
Ma il fiume Giordano disse: – Si che la faccio passare, perché m’ha dato le ciambelle.
Quando l’Orca volle passare, il fiume Giordano non abbassò le sue acque e l’Orca fu trascinata via. Sulla riva la bambina le faceva gli sberleffi.
(Abruzzo)
ERBABIANCA
In una pianura deserta, la notte colse, vicino a un vecchio palazzo mezzo diroccato, un medico che viaggiava insieme al suo schiavo Alì. Essi entrarono nel palazzo e trovarono due Re seduti su due poltrone vicine. II medico e Alì si sedettero su altre due poltrone di fronte a loro. Così restaroÂno, tutti e quattro muti, immersi ognuno nei propri pensieri.
In mezzo alla stanza c’era un fanale. E il fanale disse: – Voglio olio.
Allora se ne venne nella stanza un oliarello. E l’oliarello disse al fanale:
– Dai scendi.
Il fanale s’abbassò, e l’obiarello gli versò l’olio. Poi l’oliarello disse al faÂnale:
– Non mi conti niente?
– Che vuoi che ti racconti? – disse il fanale. – Una cosa da raccontarti ce l’avrei.
– E contamela.
– Senti, – disse il fanale, – c’ era un Re che non volendo più figlie femmiÂne aveva detto a sua moglie che se le nasceva un’altra femmina l’ammazzaÂva. La moglie, per salvare la bambina, la face sparire. Sta’ a sentire: questa bambina, quando fu grande, sposò un Re; questo Re – ingannato da un CavaÂliere innamoratosi della Regina – la portò a Monte Pellegrino, le diede un colpo e la lasciò per terra. Si trovò a passare di lì un medico, e il medico senÂtì un lamento…
Man mano che il fanale andava avanti nel racconto gli uomini seduti nelle poltrone alzarono il capo a uno a uno, spalancarono gli occhi e stavano a sentire con continui sobbalzi, e intanto Alì tremava come un merlo.
– Stà a sentire, – continuava il fanale, – quel medico s’avvicinò con la moglie al luogo da cui veniva il lamento, e chi vide? una bellissima giovane stesa in terra, ferita.
Se la portò a casa e le affldò la sua bambina. C’era uno schiavo che portava odio a questa giovane, e cosa fece? ammazzò la bambiÂna; per far cadere la colpa su di lei…
– Meschina giovane! – disse l’obiarello. – E dov’è ora. E viva o morta?
– Sss… – disse il fanale, – e là di sopra, coricata su di un divano, che dorÂme.
Ci sono il Re suo padre ed il Re suo marito che la vanno cercando, penÂtiti tutti e due del male che le hanno fatto. E c’è il medico che la va cercando per ammazzarla perché crede che sia l’assassina della sua creatura.
Il Re padre, il Re marito e il medico s’erano alzati. Il medico subito afferÂrò Alì, appena in tempo per impedirgli di scappare.
Gli si buttarono addosso tutti e tre e lo squartarono.
Poi corsero di sopra e si buttarono in ginocchio davanti al divano sul quaÂle dormiva Erbabianca.
Il Re padre disse: – E’ mia! E mia figlia!
Il Re marito disse: – E’ mia! E mia moglie!
Il medico disse: – E’ mia! Le ho salvato la vita!
Finì per averla vinta il Re marito che invitò a Palazzo il Re padre e il meÂdico a una gran festa per il ritrovamento di sua moglie, e li tenne come paÂrenti.
(Palermo)