
LEBBRA o Antracnosi (Colletotrichum gloeoiporioides)
Questa malattia è abbastanza nota nelle aree olivicole sin dal 1900 e si riscontra essenzialmente nelle aree di coltivazione più meridionali (Calabria e Sicilia).
Le infezioni di questo fungo si verificano in modo differente nel corso degli anni, mostrando una regressione notevole per mutamenti climatici tendenti più al secco. Non mancano, comunque, annate in cui, per la presenza di piogge o di maggiore umidità nel periodo vegetativo, si registra un elevato grado di infezione e una diffusione su ampi territori olivicoli.
La manifestazione sintomatologica risulta più evidente in areali di pianura e fondovalle dove l’umidità è presente in misura importante. Le foglie mostrano accentuati sintomi di clorosi fogliare come conseguenza di infezioni che si realizzano sulla nuova vegetazione in fine inverno-inizio primavera, diventando uniformemente clorotiche in piena estate. Una massiccia presenza del fungo è rilevabile in questa fase nei rami di un anno con foglie sintomatiche. In estate il fungo non è più reperibile sulle foglie, ma si di esse compaiono aree necrotizzate color cuoio.
La lebbra si manifesta sulle drupe in autunno, quando incominciano ad invaiare o sono già mature, determinando II marciume delle stesse, con la caratteristica “mummificazione”.

Il fungo si conserva sotto forma di periteci, di micelio o di conidi nei frutti marciti e in tutte le parti vegetali attaccate e si manifesta all’epoca dell’invaiatura.
Penetra all’interno del tessuto attraverso aperture naturali e ferite.
Le infezioni interessano generalmente le drupe Situate nella porzione bassa della chioma dove maggiore è il tasso di umidità e la ricaduta dell’inoculo proveniente dalle zone più alte.
Le drupe infette presentano inizialmente delle tacche rotondeggianti livide che successivamente raggrinziscono fino ad interessare l’intero pericarpo con riduzione del peso anche fino al 40%.
Queste cascolano precocemente e nei casi più gravi si può perdere fino al 50% della produzione.
Sulla vegetazione gli attacchi sono particolarmente intensi in annate con primavere miti e piovose, interessando foglie, giovani rametti e altri organi verdi.
Il fungo è in grado di determinare infezioni dirette ai frutti ed alla vegetazione attraverso lisi enzimatica della superficie integra della cuticola, ma risultano più frequenti i casi di penetrazione attraverso ferite provocate da altri agenti parassitari come la mosca delle olive (Bactrocera oleae), che spesso funge anche da vettore d’inoculo.
Le condizioni ottimali per lo sviluppo del fungo si verificano con intervallo di temperatura compreso fra 16 e 25 °C, con un optimum di 21-22 °C.
I danni sono, comunque, essenzialmente a carico dei frutti che cadono precocemente, con perdita di prodotto o, nel caso questi siano utilizzati per la trasformazione in olio, producono oli scadenti con colorazione rosata più o meno intensa ed un’elevata acidità, fino a valori del 12-13%, variabili in funzione della percentuale di infezione.
Tecniche diagnostiche
Le modalità di diagnosi prevedono isolamenti micologici a partire da foglie o sezione di drupe, oppure mediante elettroforesi delle proteine totali, oppure mediante tecniche molecolari (PCR).
Lotta
Il contenimento di questa malattia non è semplice, specialmente negli ambienti dove i fattori climatici (umidi e miti) e colturali (piante di grande dimensione che, talvolta, formano quasi dei boschi) determinano condizioni favorevoli allo sviluppo del patogeno e sfavorevoli all’attuazione delle pratiche di prevenzione e terapia. Perciò, negli areali dove il rischio infezione è alto sarebbe necessario attuare una strategia integrata nella quale si contempli in primo luogo la rimozione delle cause di sviluppo del patogeno (potature a turni brevi per consentire l’arieggiamento delle chiome e ridurre la massa di inoculo, disinfezione degli attrezzi, sesti ampi, impiego di cultivar a bassa suscettibilità, concimazioni equilibrate, misure atte a favorire la stabilità ambientale, possibilmente anticipare la raccolta) ed in ultimo il ricorso ad interventi fitoiatrici di lotta chimica.
In merito a quest’ultima pratica, i trattamenti vengono effettuati in autunno, a distanza di 3-4 settimane a partire dall’invaiatura, utilizzando fungicidi rameici, dimostratisi pin efficaci degli acuprici per maggiore persistenza di azione. Inoltre, al rame viene riconosciuta un’azione detossificante sulla tossina (Aspergillomarasmina B) prodotta dal patogeno.
Interventi primaverili sulla nuova vegetazione, prima della fioritura, magari anche per combattere l’ “occhio di pavone”, sono consigliabili per ridurre le infezioni fogliari e la carica di inoculo nella vegetazione.
Particolare attenzione è richiesta nella distribuzione uniforme dèi fungicidi sulla pianta.
Lotta in coltivazione biologica
Negli areali a forte incidenza della malattia, porre la massima attenzione sulla suscettibilità delle cultivar nei nuovi impianti. I prodotti rameici sono ammessi.