
POTATURA ORDINARIA
Si esegue in periodi determinati dello sviluppo della pianta prendendo come base il ciclo vitale e si distingue nei seguenti tipi:
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di allevamento che comprende quelle operazioni che si compiono sugli alberi fino al trapianto dimora;
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di trapianto che si pratica all’atto della messa a dimora per facilitare l’attecchimento di cui si è già riferito;
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di formazione;
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di produzione;
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di riforma;
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di trasformazione;
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di ringiovanimento;
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di risanamento.
POTATURA DI FORMAZIONE. – La potatura di formazione dà all’olivo una forma chiamata, secondo l’oggetto che ricorda, a vaso, a cono, a globo, a ombrella, ecc. Forme nuove di allevamento dell’olivo, non ancora affermate in modo definitivo, sono il vaso cespugliato e la palmetta.
Il vaso è la forma preferita nell’Italia centrale e nelle zone dell’Italia meridionale dove l’olivo viene coltivato più intensamente; il globo invece, è più comune nell’olivicoltura estensiva di varie regioni meridionali. Il globo è anche la forma a cui tende naturalmente la pianta non potata.
Il vaso a forma di cono rovesciato, con il vertice in corrispondenza dell’estremità superiore del fusto, presenta le branche principali che divergono dal fusto dirette verso l’alto, di solito con una inclinazione intorno ai 45°. L’interno del vaso è completamente vuoto così che si ottiene una totale illuminazione della chioma. Sulle branche principali, le secondarie ed i rami, diretti ai lati e all’esterno, hanno una lunghezza pressoché costante dalla base all’apice della branca e proporzionata alta vigorìa della pianta. L’inclinazione dei rami varia con la varietà.
In una chioma così formata le parti superiori ombreggiano quelle inferiori che gradatamente si indeboliscono, si spogliano di vegetazione e disseccano: perciò la fruttificazione si sposta verso l’estremità superiore e tende a diminuire. Ne deriva la necessità di procedere al ringiovanimento della pianta mediante la capitozzatura che ne interrompe o riduce la produttività e ne danneggia la vitalità. Perciò il vaso a cono rovesciato, pure essendo assai frequente nella pratica, non è raccomandabile.
Il vaso a forma di cono con cilindro sovrapposto è schematicamente formato di un cono rovescio nella parte inferiore e di un cilindro nella parte superiore. A questa forma si può giungere in due modi che in breve descriveremo:
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Le branche principali nella prima parte hanno una inclinazione di circa 45°, poi, raggiunta una lunghezza corrispondente all’ampiezza della chioma dell’olivo, prendono una direzione verticale o quasi. Le branche secondarie si irradiano all’esterno e ai lati delle principali mantenendo, sia nel tratto in cui queste sono inclinate che nel successivo, una lunghezza pressoché uniforme. Il vaso è vuoto all’interno.
Anche in questo tipo di vaso le branche tendono a spogliarsi di fronde, nella loro parte inferiore inclinata, a causa dell’ombreggiamento prodotto dalla vegetazione soprastante. Però favorendo lo sviluppo moderato di qualche branca secondaria all’interno del vaso l’equilibrio vegetativo delle branche principali si conserva meglio. Nel complesso il vaso cilindrico-conico se ben costituito è più razionale del tipo a cono rovesciato descritto più sopra.
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Le branche principali divergono dal tronco con una inclinazione costante, per lo più di 45°, come nella forma conica; però le branche secondarie disposte esternamente presentano una lunghezza sempre minore dalla base verso l’apice: in tal modo il profilo della pianta è quello di un cilindro sovrapposto ad un cono rovesciato. Le branche principali portano, poi, ai lati branche secondarie di lunghezza costante.
L’olivo che ha questa struttura resiste di pin del sottotipo precedente ai venti forti ed alle nevicate abbondanti.
II vaso a forma di tronco di cono, avente la base maggiore in basso, può essere ottenuto anch’esso in due modi:
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Le branche principali si diramano da! tronco con una pendenza di 45° e poi salgono verticalmente; nella prima e nella seconda parte sono rivestite verso l’esterno di branche secondarie di lunghezza decrescente dal basso all’alto e con inclinazione variabile seconda la varietà. Altre branche secondarie partono dal]e principali lateralmente.
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Le branche principali hanno un’inclinazione costante, quelle secondarie sono di una lunghezza decrescente dal basso all’alto così da impartire alla forma il profilo di un trapezio con la base maggiore in basso.
Entrambe le due varianti di questa forma tronco-conica assicurano una buona illuminazione di tutte le branche secondarie e quindi un buon rivestimento di tutta la chioma: però, nonostante la sua razionalità, la forma trova un’applicazione limitata.
Il vaso a chioma policonica differisce da tutti i tipi sopra descritti: infatti la chioma di quelli si presenta come un tutto uniforme e continuo che divide l’interno del vaso dall’esterno, mentre la chioma policonica è discontinua, cioè formata di tante parti distinte quante sono le branche e lascia delle finestrature tra la parte interna e quella esterna del vaso.
Le branche principali, dette branche madri, sono nella parte inferiore inclinate per volgere poi verticali quando hanno raggiunto la larghezza voluta per il vaso. Ogni branca è rivestita di branche secondarie che hanno uno sviluppo progressivamente minore verso l’alto e che sono tenute più corte nella parte rivolta all’interno del vaso. La chioma presenta nel complesso un profilo tronco-conico.
La branca primaria termina sempre con un ramo non spuntato che domina su tutti gli altri (cima).
La struttura fondamentale ora delineata è propria di vari tipi di vasi policonici, alcuni del quali noti da tempo come forme di potatura seguite localmente, con maggiore o minore fortuna, in qualche zona centrale e meridionale d’Italia, ma due proposti da tecnici: il Roventini e il Tonini.
Il Tonini, a differenza del Roventini, consiglia di lasciare nella parte interna ed inferiore delle branche madri numerosi polloni destinati a sostituirle quando esse invecchiando deperiscono. Però il notevole ombreggiamento che tale vegetazione determina nell’interno del vaso, e che non si riscontra nel sistema Roventini, è motivo di più rapido deperimento delle stesse branche madri. Il Tonini, inoltre, sostiene l’intangibilità della cima, mentre il Roventini è per il ritorno su di una procima, o cima di sostituzione, più bassa, ogni quattro o cinque anni.
Per compiere la potatura di formazione e necessario tener conto del comportamento vegetativo della varietà, delle condizioni climatiche e della fertilità del terreno: per formulare un giudizio sintetico al riguardo è assai utile l’esame degli olivi coltivati sul posto da maggior tempo: da essi s’avranno indicazioni importanti per stabilire il numero di branche da allevare, la loro lunghezza e quella delle branche secondarie e le dimensioni della chioma.
E’ anche necessario ricordare, per dare una buona struttura alla pianta, come sviluppano le gemme sui rami verticali, orizzontali o penduli.
Per impedire od attenuare lo sviluppo delle parti alte a scapito di quelle basse ed ottenere, invece, uno sviluppo equilibrato dei germogli in tutta la lunghezza del ramo (o dei rami lungo la branca) si ricorre al taglio di accorciamento dello stesso ramo (o branca), taglio tanto più energico quanto più accentuato è I’effetto che si vuole ottenere. Ma si può anche praticare l’indebolimento vegetativo della parte apicale con risultati poco diversi.
Per ottenere un vaso tronco-conico avente le branche inclinate di 45° circa nel loro primo tratto e poi dirette verticalmente, possono essere di chiara guida le seguenti norme dettate dal Morettini, il quale si riferisce al caso concreto di un olivo posto a dimora a 3-5 anni, impalcato su 3-4 branche all’altezza di 1,30-1,50 m e che potrà avere uno sviluppo della chioma di 3-4 m in altezza e di 4-5 m di diametro esterno alla base e di 2-3 m all’apice.
Scrive dunque il Morettini: Effettuata la piantagione nel 1° e 2° anno di coltura la preoccupazione principale deve essere quella di assicurare l’attecchimento e la rigogliosa vegetazione del giovane albero, applicando le necessarie cure colturali e la concimazione del terreno.
Al 4°-5° anno e durante il successivo quinquennio, si incomincerà ad intervenire annualmente con la potatura, la quale non dovrà essere, come d’ordinario accade, energica, giacché è ormai chiaramente dimostrato, come si è detto altrove, che diminuendo notevolmente il numero dei rami si riduce la superficie assimilante e quindi si ostacola l’accrescimento dell’albero e si ritarda la sua messa a frutto.
Perciò nei primi anni la potatura dovrà essere diretta a sopprimere nella chioma soltanto i rami diritti eccessivamente vigorosi e a favorire la direzione inclinata delle branche principali. Allo scopo, i loro prolungamenti saranno leggermente ribassati quanto è necessario per scegliere dei rami laterali inferiori che si protendono maggiormente verso l’esterno. Solo dopo alcuni anni si procederà ad un conveniente diradamento del rami e delle branche secondarie, inserite sulla principale, per distanziare convenientemente gli uni dagli altri e per lasciare rivestita la branca essenzialmente verso l’esterno e lateralmente.
I rami e le branche, che volgono verso l’esterno, dovranno recidersi ad una lunghezza proporzionata alla vigoria della pianta e dovranno assumere una lunghezza decrescente dal basso verso l’alto; quelli diretti lateralmente dovranno raggiungersi, ma non sovrapporsi, a quelli delle due branche laterali adiacenti. I rami che si dirigono verso l’interno, dovranno invece essere energicamente diradati conservando i più deboli i quali si speroneranno a 2 3 verticilli a partire dalla loro inserzione.
Verso l’interno basta conservare un leggero e rado rivestimento di rami e di branche fruttifere di modesta lunghezza. Ultimata la potatura, l’intera chioma si cercherà che assuma esteriormente, la forma tronco conica tipica dell’olivo adulto.
Dei succhioni che nascono lungo il tronco, nei primi anni, si sopprimeranno i più vigorosi; i rimanenti si incurveranno verso terra e si assicureranno al fusto. Successivamente andranno soppressi annualmente. Se il piantone era stato impalcato su tre branche ed il vaso adulto deve provvedersi di 6 branche principali, si procederà alla divaricazione dicotomica di ognuna delle tre branche quando avranno raggiunta la lunghezza di oltre un metro. Allo scopo il prolungamento di ciascuna delle tre branche iniziali si recide su due rami o germogli che guardano lateralmente; se invece era impalcato su quattro branche, si provocherà la divaricazione soltanto di due di esse, scelte opportunamente alto scopo di mantenere, nei limiti del possibile, l’equidistanza delle branche definitive.
Anche i prolungamenti di queste branche madri si dirigeranno inclinati, scegliendo successivamente, quali nuovi prolungamenti, dei rami laterali che si dirigono esteriormente.
Quando essi avranno raggiunto la lunghezza di m 1,50-1,80, il prolungamento della branca si dirigerà, invece che inclinato, verticalmente.
Nell’ulteriore innalzamento, della porzione verticale della branca principale si procede come si è detto, e cioè ribassando convenientemente il ramo di prolungamento ad ogni potatura e diradando i rami lungo la branca. Quelli volti verso l’interno si sopprimeranno in gran parte e si speroneranno i rimanenti, dovendo conservare, da questo lato, solo un modesto rivestimento della branca allo scopo di non ombreggiare l’interno del vaso. Quelli volti verso l’esterno si cimeranno ad una lunghezza proporzionata alla vigoria in modo che quelli inferiori risultino gradatamente più lunghi di quelli situati al di sopra.
Quelli volti lateralmente non dovranno sovrapporsi a quelli delle branche vicine.
La branca perciò verrà innalzata gradualmente ed il prolungamento di ogni potatura, sarà periodicamente ribassato su un ramo laterale fino a raggiungere l’altezza prestabilita del vaso, che nel caso in esame è di 3,50-4 m. Nel procedere al ribassamento delle branche si procederà in modo da mantenere equilibrata la lunghezza di tutte le branche costituenti il vaso.
Con il ribassamento si offre la possibilità alle branche laterali di provvedersi di rami fin dalla loro base e perciò di conservarsi vitali e fruttifere per lungo tempo.
Annualmente, ultimata la potatura di formazione, la chioma dovrà presentare l’aspetto approssimativo di un tronco di cono.
Per ottenere il vaso policonico, nei primi anni si attua ha potatura di formazione ora descritta, con la sola differenza che il numero di branche in un vaso policonico è di regola inferiore a quello degli altri tipi di vaso, poiché ogni branca deve essere rivestita dalla propria vegetazione a profilo conico indipendente e distinta da quella delle altre branche. Nel vaso policonico si seguono direttive specifiche nei tagli quando le branche assumono direzione verticale: allora esse non si cimano più, ma soltanto si alleggerisce la vegetazione dell’apice sfoltendo branche e rami laterali. La cima deve svettare nettamente su tutti i rami della branca.
I tagli saranno, al solito, fatti sopra una gemma o sopra un ramo, volto all’esterno, evitando la dicotomia e mantenendo una lunghezza proporzionata ai rami o branche secondarie in modo che gli inferiori siano più lunghi, ma non oltrepassino in altezza i superiori.
La chioma di ogni branca deve raggiungere una forma conica di sviluppo tale che soltanto le branche laterali di base in ogni branca madre arrivino a contatto con quelle delle branche madri vicine; netta parte soprastante !a vegetazione delle singole branche resta ben distinta.
Col tempo le branche madri tendono a “scappare” elevandosi troppo: allora occorre abbassarle sopra una branca laterale di sostituzione, riducendo contemporaneamente la chioma sottostante.
POTATURA DI PRODUZIONE. – Anche sulla potatura di produzione (o di fruttificazione) non è possibile dare norme precise e dettagliate, ma soltanto direttive generiche sufficienti per impartire un indirizzo al lavoro del potatore, che in pratica deve risolvere tanti casi particolari quante sono le piante che egli pota. Evidentemente, per eseguire la potatura è necessario conoscere in quale stato di vegetazione sia l’olivo e in quali condizioni di ambiente e di coltura cresce, ma è ancor più necessario ricordare alcuni Caratteri biologici della pianta e soprattutto:
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che essa fruttifica sui rami dell’anno precedente e solo in via eccezionale su quelli più giovani o più vecchi;
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che la fruttificazione avviene soltanto sui rami misti;
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che la differenziazione delle gemme da fibre s’inizia alla ripresa vegetativa (prima metà di marzo nell’Italia centrale);
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che le gemme da fiore si sviluppano numerose nelle piante in buono stato vegetativo né troppo robuste ne troppo deboli e che l’allegagione dei fiori è pure connessa con lo stato vegetativo e, in particolare, di nutrizione della pianta;
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che rami e branche tendono a spogliarsi di vegetazione in basso;
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che l’equilibrio di vegetazione delle diverse parti della chioma ed una sufficiente riserva di sostanze nutritive assicurano una produttività più costante all’olivo e che la fruttificazione abbondante esaurisce tale riserva.
Si ricordi, inoltre, che la potatura è uno soltanto dei molti mezzi atti ad accrescere la produzione dell’olivo e che le pratiche colturali da sole od in concorso con la potatura hanno effetti non meno importanti sulla resa.
La potatura di fruttificazione dovrebbe essere compiuta ogni anno, come si fa nelle zone dove l’olivicoltura è intensiva e razionale. Sono tutt’altro che infrequenti le potature biennali, triennali o a turno più lungo, ma con esse non è possibile proporzionare i tagli alla resa annua della pianta e alla sua vegetazione annuale, né è possibile regolare nel miglior modo lo sviluppo dei rami, il rivestimento delle branche e mantenere la forma della chioma. Con la potatura ad intervallo maggiore dell’anno, poi, si producono tagli di maggior sezione e più difficilmente rimarginabili.
E’ ovvio che tanto maggiore è l’intervallo frapposto tra l’una e l’altra potatura, tanto più gravi sono gli inconvenienti che ne derivano.
Il potatore, scelta l’epoca più adatta per compiere il suo lavoro, deve stabilire, apprestandosi alla potatura annuale, quali rami o branche siano da asportare, quali da ridurre col taglio e quali da lasciare intatte.
Inoltre il potatore deve provvedere a ridurre i danni delle ferite fatte con i tagli ai rami ed alle branche.
L’epoca migliore per potare l’olivo è compresa tra la metà di febbraio e l’aprile e, eccezionalmente, il maggio nei territori centro-settentrionali d’Italia.
E’ opportuno incominciare la potatura dai terreni meglio esposti dove meno frequenti sono i danni delle gelate: non bisogna dimenticare che queste avversità aggravano le conseguenze delle ferite aperte con i tagli. Nelle zone più meridionali la potatura può avere inizio anche più presto dell’epoca sopra indicata, cioè non appena si è posto termine alla raccolta delle olive.
Tagli. operati in successione di tempo su una branchetta di olivo:
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soppressione dei rametti verticali (maschioncelli in Toscana);
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asportazione della parte centrale dei ramoscelli con conseguente allargamento della palmetta;
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asportazione dei ramoscelli esauriti dalla fruttificazione.
Un ritardo della potatura oltre l’epoca normale può far sfuggire ai danni delle gelate, ma riesce d’altra parte nocivo poiché determina un indebolimento della pianta, per il ritardo di vegetazione dei nuovi germogli che sostituiscono quelli soppressi e per la soppressione di una parte dei germogli già in via di sviluppo sui rami tagliati.
La potatura invernale ha un completamento nella potatura estiva, detta anche rimonda estiva e spollonatura perché resta limitata all’asportazione dei succhioni sorti sulla ceppaia, sul tronco e sulle branche principali. La potatura estiva viene compiuta allorché la pianta non ha più la possibilità di emettere nuovi succhioni, vale a dire non prima del luglio o dell’agosto. Naturalmente i succhioni destinati a sostituire la vecchia pianta o qualche sua parte non vengono toccati con la potatura.
Rami e branche sulle quali vanno eseguiti i tagli. – Già si è fatto cenno al modo di trattare i succhioni: aggiungiamo che qualcuno di essi potrà essere conservato nei punti adatti delle branche tagliandolo corto, a due o tre gemme, per preparare delle branche secondarie di rivestimento.
Gli altri rami a legno si recidono alla base oppure si accorciano quando siano un utile rivestimento o servano per prolungare rami e branche. Il taglio, come di consueto, viene fatto sopra una gemma o un ramo inclinato posto in una posizione adatta.
I rami misti vengono mantenuti riducendone la lunghezza e, se troppo numerosi, diradandoli.
I rami da fibre nella maggior parte si lasciano intatti, salvo a tagliarli completamente nell’anno successivo, dopo che hanno prodotto, se non presentano dei rami di prolungamento fruttiferi.
Con la potatura si tolgono o si accorciano i rami rotti, deperiti o quelli che non sono utili perché non hanno funzioni di rivestimento delle branche, non riempiono vuoti nella vegetazione oppure !a rendono densa od alterano la forma della chioma.
E’ chiaro che i tagli saranno abbondanti o scarsi a seconda dello stadio di sviluppo della pianta e degli scopi che si vogliono raggiungere, in rapporto alle condizioni d’ambiente e di vegetazione dell’olivo.
Nel periodo giovanile è opportuno che la potatura sia leggera per assicurare il massimo sviluppo e la più rapida fruttificazione; nel periodo di maturità è, invece, preferibile che la potatura non si scosti da quella normale in uso nella località su olivi della stessa varietà.
Converrà cambiare l’intensità della potatura soltanto se dopo un accurato esame risulti che dalla potatura dipende la scarsa resa delle piante. Accentuando i tagli, cioè togliendo una maggiore quantità di rami, si favorisce lo sviluppo di rami vigorosi ed in. prevalenza da legno, mentre la fruttificazione tende a diminuire; l’opposto avviene con una potatura più leggera. Ciò, naturalmente, ammesso che gli altri fattori della produzione (acqua ed elementi nutritivi in primo luogo) siano disponibili secondo le necessità della pianta.
I tagli si incominciano all’apice di ciascuna branca principale procedendo verso la base.
Al termine della potatura la chioma risulta sfoltita più o meno intensamente; deve conservare però la forma prescelta per la pianta.